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La consulenza psicologica nella fecondazione eterologa

Aggiornamento: 17 gen 2019

Cosa è la fecondazione eterologa e perchè è importante la consulenza e il sostegno psicologico in particolar modo quando si ricorre al supporto di questa tecnica per concepire il figlio desiderato

Nè la carne della mia carne nè l'osso del mio osso

ma tuttavia, miracolosamente,mio.

Non dimenticare per un solo istante 

che non sei cresciuto sotto il mio cuore

ma in esso.

Anonimo


Per fecondazione eterologa si intende quel trattamento di fecondazione assistita che avviene mediante la donazione dei gameti maschili (seme) o femminili (ovociti) o entrambi, da parte di donatori esterni alla coppia che ha difficoltà nel procreare.

Nel 2010 la Corte di Strasburgo stabilisce che la fecondazione eterologa non si può impedire perché si tratta di una violazione dell’art.8 della Convenzione Europea per i diritti dell’uomo. Anche in Italia, il 9 aprile 2014, la Corte Costituzionale legittima la fecondazione eterologa facendo decadere il divieto posto dalla legge 40 del 2004. Successivamente è stata costituita una task force di esperti in materia per la definizione di linee guida, uniformi a tutto il territorio nazionale, che potessero regolamentare la realizzazione e l'accesso al trattamento. Ad oggi quest'ultimo è consentito, in Italia, alle coppie eterosessuali, coniugate o stabilmente conviventi, con sterilità accertata entro l'età fertile; mentre è escluso alle coppie omosessuali, ai single e alle coppie fertili, ad eccezione dei casi in cui c’è il rischio di malattie sessualmente trasmissibili (HIV epatite C). Vietano il commercio dei gameti, pertanto la donazione dei gameti è un atto volontario e gratuito, e l' età dei donatori dovrà essere compresa tra i 18 e i 40 anni per gli uomini e tra i 20 e i 35 anni per le donne.

Vi è poi tutto un paragrafo che documenta sulle tecniche di procreazione medicalmente assistita e sulla consulenza psicologica.

Ogni trattamento di fecondazione assistita ha un impatto emotivo notevole sui singoli partner e sulla coppia relativamente al tipo di procedura medica utilizzata, più o meno invasiva, ai tempi del trattamento, all’ alta frequenza dei controlli e alla probabilità di successo. In generale, le coppie che arrivano a formulare domanda di procreazione medicalmente assistita hanno già vissuto frequenti delusioni e insuccessi nel periodo che precede la richiesta, e proprio per questo motivo già la legge 40 prevedeva la presenza di uno psicologo all’interno dei centri di pma e il dovere dei medici di proporre la possibilità di sottoporsi ad una consulenza psicologica sia prima di scegliere il trattamento che durante lo stesso. La consulenza psicologica non ha soltanto l’obiettivo di ridurre i livelli d’ansia e la frustrazione della coppia, ma anche essere un utile strumento di prevenzione delle conseguenze psicologiche e psicosessuali.

Spesso le coppie hanno, però, fretta di intraprendere il trattamento e rifiutano il consulto psicologico anche quando viene offerto loro. Questo avviene perché lo si vive come una perdita di tempo, si ha fretta per l'età che passa, per i lunghi anni di attesa, i fallimenti e, quindi, per l'intensificarsi della paura di non riuscire a diventare genitori. Prendersi del tempo invece consente di prendere in considerazione e valutare tutti gli aspetti conoscibili del percorso e il loro impatto sulla coppia nonchè contenere la paura e il dolore ed elaborare aspettative realistiche.


Perchè avvalersi della consulenza psicologica prima di sottoporsi alla fecondazione eterologa?


Nello specifico della fecondazione eterologa avvalersi, prima di sottoporsi al trattamento della consulenza psicologica, consente alla coppia di beneficiare di uno spazio in cui affrontare i principali timori, che insorgono quando le viene proposta la possibilità di concepire grazie all'aiuto di un terzo esterno alla stessa. Tale possibilità fa insorgere emozioni conflittuali, dovute all'ambivalenza del ruolo del donatore stesso, il quale da una parte consente il raggiungimento dell'obiettivo dall'altra continua ricordare alla coppia, in particolar modo al partner infertile, la propria incapacità a generare. Queste emozioni conflittuali necessitano di un'elaborazione anche per le ripercussioni che avranno sulla relazione di coppia. Nello specifico tali timori consistono in:


La paura di non riconoscere il figlio come proprio:  è legata all’ importanza del vincolo genetico. Si teme di non riuscire a sentire quel figlio, concepito con il materiale genetico di un donatore, come proprio in particolar modo da parte del partner infertile, e che la non somiglianza fisica ricordi costantemente il ricorso al donatore e di conseguenza il dolore della propria infertilità, senza tener conto che esistono altre caratteristiche che vengono apprese dai genitori e che non sono trasmesse geneticamente. Il corredo genetico non determina i gusti, gli stili di pensiero, di sentire e di agire è l’ambiente in cui cresce il bambino che determina le sue abitudini, lo stile di vita, i suoi gusti alla cui conformazione compartecipano i genitori attraverso l’educazione. Tra l'altro non si bada al fatto che si può essere diversi fisicamente e caratterialmente anche quando si nasce dagli stessi genitori. Non in ultimo bisogna tener conto del legame affettivo che si crea durante i 9 mesi di gravidanza.


La presenza del terzo estraneo (donatore/i) : un altro aspetto da elaborare oltre al lutto per l’infertilità, è la presenza di un terzo, il donatore, che si inserisce nella relazione. Si ha la sensazione di tradire il partner infertile tant’ è che spesso le coppie affrontano più serenamente questo aspetto se sono donati entrambi i gameti. Il donatore da una parte consentirà il raggiungimento dell’obiettivo, dall’altra sarà lì a ricordare la propria incapacità a generare, soprattutto per la persona che è risultata infertile. 

L’altro terzo estraneo, che è presente anche negli altri trattamenti, è il fatto di affidarsi al medico per il concepimento.


Il dilemma di rivelare o meno al bambino il modo in cui è stato concepito: se non sono stati elaborati bene i primi due punti e soprattutto il dolore della propria infertilità, sarà difficile comunicare al proprio figlio la modalità con cui è stato concepito; in quanto bisognerà nuovamente confrontarsi con l’ansia, la vergogna, il senso di inadeguatezza ma anche con la paura che, conoscendo la verità, il figlio un giorno possa non riconoscerli come genitori. Ecco perché nella maggior parte dei casi si potrebbe pensare sia meglio mantenere il segreto.

Con l’aiuto di uno psicologo la coppia potrebbe giungere a comprendere qual è la scelta migliore, potendo conoscere e valutare le conseguenze psicologiche e relazionali del mantenere o meno il segreto, ed eventualmente quando e come rivelarlo tenendo conto anche dell’età del bambino. La cosa più importante è come rivelarlo.

Tutta questa confusione a livello emotivo e mentale dovuta all'ambivalenza posta dalla procedura

si aggiunge alla sofferenza provata dalla coppia che non riesce a concepire senza l'aiuto della medicina. Ciò fa, quindi, comprendere la necessità di un percorso di elaborazione non semplice per la nostra mente e di conseguenza l'importanza di essere sostenuti in questo, sia durante la fase decisionale, prima di sottoporsi al trattamento, che durante lo stesso; sia successivamente quando i genitori dovranno decidere se comunicare o meno la modalità di concepimento e, nel primo caso, come e quando parlarne. 

E' possibile rivolgersi ad uno psicologo che si occupa di tematiche legate all’infertilità per ricevere le indicazioni e la consulenza specifica per il proprio caso.


Dott.ssa V.Moretti






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