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L'infertilità secondaria, una sofferenza spesso nascosta e poco compresa


Scrivo questo post per far conoscere una sofferenza spesso nascosta da chi la prova e poco compresa dal contesto relazionale in cui è inserita, anzi, giudicata, e che è dovuta al ricevere la diagnosi di infertilità secondaria. Cosa si intende per infertilità secondaria? Per infertilità secondaria si intende l’insorgere di una condizione di infertilità in seguito all’aver ottenuto, precedentemente, una gravidanza naturalmente e averla portata a termine. Quindi, si tratta di coppie che hanno già uno o più figli e non riescono a concepirne altri. Ed è proprio il fatto di avere già figli a indurre le coppie, che ricevono questa diagnosi, a nascondere la propria sofferenza, per i sensi di colpa che provano, poichè, si sentono “ingrati” e si vergognano nel condividerla, in quanto, percepiscono di non apprezzare ciò che hanno già, rinchiudendosi nella propria sofferenza, percezione che viene confermata anche dall’esterno, in quanto, spesso si sentono dire anche dalle persone a loro più care: “dovreste accontentarvi sentirvi fortunati ad avere un figlio”, oppure, “non ci pensare, devi rilassarti, non puoi lamentarti, non apprezzi ciò che hai ecc.” Tutto ciò contribuisce a rinforzare la solitudine della coppia. In realtà queste coppie soffrono perchè: 1. hanno una reazione di shock al momento in cui ricevono la diagnosi, proprio perchè essendoci riusciti prima, non si aspettano assolutamente di avere questo tipo di problema e di doversi eventualmente sottoporre ai protocolli di PMA. Soffrono perchè devono accantonare il sogno di una famiglia numerosa o il desiderio di vedere crescere i figli insieme, senza far passare troppi anni di distanza tra un figlio e l’altro. Non condividono la loro sofferenza perchè si vergognano e si sentono giudicati dall’esterno provando inevitabili sensi di colpa.

Ancora più difficile risulta, inoltre, l'accettazione di un'eventuale necessità di sottoporsi a protocolli di PMA eterologa, cioè facendo ricorso a un donatore di gameti (ovociti o spermatozoi). 2. non possono sottrarsi agli eventi in cui sono presenti genitori con più di un figlio, neomamme, mamme in attesa, ecc. in quanto devono curare l’aspetto ludico e la socializzazione dei propri figli, accompagnandoli a scuola, all’asilo, giardinetti, ludoteche, feste di compleanno, ecc. 3. il rischio di non godersi l’infanzia del proprio figlio/i o perdersi momenti importanti di essa, perchè i protocolli di PMA, richiedono tempo, energie per seguire tutte le procedure oltre che riorganizzarsi in base ai tempi dettati dal protocollo condizionando tutto il resto, inoltre, essendo abbastanza costosi si potrebbe ricorrere all’utilizzo dei soldi che si volevano mettere da parte o spendere per il figlio già avuto; così come, il dolore conseguente la diagnosi che richiede a livello emotivo una elaborazione che spesso rende mentalmente assenti. Pertanto, forti sono i sensi di colpa provati nei confronti del proprio figlio e i sentimenti di inadeguatezza per non sentirsi “un buon genitore”. Considerando tutti questi aspetti non possiamo considerare tale diagnosi non dolorosa per chi la riceve e pertanto meno esposta al rischio di sviluppare sintomi ansioso depressivi che potrebbero necessitare di un supporto psicologico per essere gestiti e condivisi.

Dott.ssa V. Moretti


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