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  • Immagine del redattoreDott.ssa Moretti

La solitudine della coppia infertile ai tempi del Coronavirus

Aggiornamento: 21 apr 2020

In un mio articolo, precedente, ho parlato delle solitudini che si trova a dover affrontare la coppia che riceve una diagnosi di infertilità, ovvero, la solitudine che si può creare nella coppia per via delle differenti modalità di gestione della sofferenza, creata sia dalla diagnosi che dai percorsi di fecondazione assistita, e da quello spazio intimo, di cui ognuno di noi ha bisogno di rifugiarsi da solo per elaborare il proprio dolore e guarire le proprie ferite, al riparo dai giudizi e dalle opinioni degli altri; e la solitudine che si può percepire nel contesto sociale, quando intorno a sè sembra che tutti stiano annunciando o vivendo una gravidanza, o sembra che viaggino solo passeggini con bambini piccoli; la solitudine quando non si è compresi nella propria sofferenza da chi sta accanto alla coppia che, a volte, offre dei suggerimenti poco utili.

Oggi a causa del lockdown predisposto per fronteggiare l’emergenza sanitaria da COVID,

che ha avuto tra le sue conseguenze anche la sospensione dei trattamenti di fecondazione assistita, la coppia infertile vive una nuova solitudine.

Chi ha dovuto rinunciare al proprio percorso di fecondazione assistita, oggi si ritrova da solo a fronteggiare la paura del tempo che passa, la paura di non avere più la possibilità di affrontare un nuovo percorso di PMA per via dell'età, oppure per ragioni economiche, la paura che passi un ulteriore anno senza poter ancora abbracciare il proprio bambino. Tale paura alimenta quindi pensieri catastrofici, non era destino, forse non saremmo stati dei buoni genitori, forse è giusto così, non avremo la possibilità economica se perdiamo il lavoro o dovremo affrontare la cassa integrazione, ecc ecc. Tali paure e tali pensieri sono ancora più accentuati nelle coppie che hanno alle spalle diversi tentativi che non sono andati a buon fine. Di conseguenza sarà più difficile, per loro, contenere l'angoscia causata da tali paure e pensieri. Tutto ciò, infatti, si aggiunge alla stanchezza emotiva che la coppia trascina con sè ad ogni tentativo, insieme alla valigia di sogni cui guarda per trovare il coraggio di provare e riprovare.

A venire meno non è solo il supporto del personale medico che aiuta a predisporre le fasi del trattamento, e quello fornito dall'idea incoraggiante di stare facendo qualcosa per superare il problema dell'infertilità e finalmente abbracciare il proprio figlio, o il poter programmare un ulteriore tentativo se quello precedente non è andato bene, ma anche il supporto di tutte quelle attività che prima si svolgevano e che procuravano benessere, aiutando ad affrontare il difficile momento (palestra, yoga, cene con gli amici, ecc.), e di quei familiari ed amici che sicuramente non faranno mancare il loro sostegno emotivo anche a distanza, ma non con quei gesti che a volte sono più efficaci di mille parole come, per esempio, un abbraccio in cui potersi abbandonare ad un pianto liberatorio. Quelle persone cui spesso si ricorre per essere pienamente sè stessi visto il timore di doversi appoggiare totalmente al partner che soffre anche lui/lei a cui poi riavvicinarsi ricaricato dal sostegno ricevuto da altri.

Questa solitudine si carica di ulteriore sofferenza, soprattutto quando si sta elaborando il lutto per il fallimento di un tentativo, senza poterne programmare uno successivo, o il lutto della gravidanza finalmente, faticosamente, raggiunta ma che si è interrotta improvvisamente.

In quest’ultimo caso, assistiamo alla solitudine della coppia che viene separata all’arrivo in ospedale, il compagno costretto a restare fuori il reparto e la donna che da sola riceve l’informazione di una sofferenza fetale o dell’assenza del battito e da sola dovrà poi sottoporsi a raschiamento o partorire, mentre fuori il compagno viene informato dal personale sanitario, in preda alla frustrazione e all’impotenza di non poter stare accanto alla propria compagna a supportarla a soffrire con lei. In preda alla forte rabbia alla delusione, al dolore. Sola sarà la donna anche durante la degenza, così come solo sarà il compagno al rientro a casa, senza il bimbo senza la sua compagna, non in compagnia dell’euforia che lo avrebbe spinto a utilizzare questo tempo di degenza per preparare una calda accoglienza a casa per entrambi, ma solo con un macigno sul petto, un silenzio assordante, in compagnia delle cose acquistate per accogliere l’arrivo del figlio così tanto desiderato, ma che ora riaprono quella voragine del vuoto.

Al rientro a casa la coppia, finalmente ricongiunta, sarà ancora sola, nessun giro per casa con il bambino, nessuna routine da riorganizzare per il suo arrivo, ma ancora silenzio, nessuno ad accoglierli festosi oppure nessun abbraccio a confortarli del dolore, a causa del lokdown. Solo spazi da liberare e ancora altri vuoti.

Questo potrebbe essere un’occasione per la coppia di stringersi intorno al proprio dolore, e curare le proprie ferite, con la solitudine di cui hanno bisogno, ma non tutti reagiscono così, nel primo caso la solitudine ad un certo punto potrebbe essere troppa e qualcuno vorrebbe, per esempio, distrarsi, impegnarsi in quelle attività che di solito procurano benessere ma che al momento sono interrotte ecc.

Questa sofferenza potrebbe essere accentuata nella donna per gli ormoni che vengono messi in circolo dopo il parto e che generalmente causano la cosiddetta baby-blues e che in questo caso potrebbero costituire un fattore di rischio depressivo poiché associato al lutto.

Questo isolamento, la mancanza delle attività e della vicinanza delle persone che danno supporto e

la sofferenza già sperimentata e accentuata da tutto ciò, può tradursi anche in uno stress, e creare difficoltà comunicative, all'interno della coppia che se non gestito bene può impedire di ricevere l'aiuto del partner così come desiderato.

In questo profondo stato di sofferenza in cui possono trovarsi sia coloro che hanno dovuto rinunciare o interrompere un ciclo di PMA, sia coloro che stanno affrontando un fallimento o un lutto perinatale, e da cui faticano ad uscire e si sentono sopraffatti dall’ansia, dalla rabbia, o dalla tristezza, oppure stanno intervenendo problematiche di coppia che non vi fanno sperimentare come vorreste l’aiuto del partner, sappiate che gli psicologi sono a disposizione per raccogliere le vostre richieste di aiuto. È possibile sia recarsi agli studi professionali, in quanto gli spostamenti per motivi di salute sono consentiti, sia richiedere consulenza online tramite vari supporti whatsapp, skype, google meet ecc. secondo l’applicazione utilizzata dal professionista.

In caso voleste rivolgervi a me potrete contattarmi telefonicamente al numero 3381428250 oppure tramite mail all’indirizzo studio.morettivale@gmail.com e concorderemo insieme un appuntamento a studio oppure su skype per una consulenza.


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